Gli impianti fotovoltaici ibridi sono una soluzione innovativa che si sta diffondendo in questi anni. Si tratta di impianti fotovoltaici ad isola nei quali si utilizzano speciali inverter per la trasformazione da CC ad AC che includono la funzionalità UPS. Tale funzione permette di mantenere alimentati i carici anche in caso di mancanza di corrente o nel caso le batterie si siano scaricate. In questo modo è possibile collegare diversi carichi all’inverter (anche tutta l’abitazione – dipende dal modello) e poter usufruire dell’energia solare diretta ed accumulata in batteria e solo successivamente, qualora le batterie fossero scariche, di non restare senza energia grazie alla funzione UPS che permette di passare alla rete.

In questo caso l’energia non viene immessa nella rete del distributore (un relè fisico gestisce la connessione rete/batteria in modo alternativo), ma prelevata solo in caso di richiesta da parte di qualche elettrodomestico.
Eventuali surplus di produzione solare verranno persi.

La normativa italiana non vede di buon occhio questi sistemi che dovrebbero funzionare esclusivamente per garantire la continuità elettrica in caso di black-out. Tuttavia la programmazione resta impostabile dall’utente.

Come avviene per gli impianti da isola, i moduli fotovoltaici sono collegati ad un regolatore di carica, incaricato di stabilizzare la tensione e ricaricare le batterie. L’inverter collegato alle batterie e ad un’altra fonte elettrica (rete di distribuzione o generatore di corrente), garantisce l’approvvigionamento di energia ai carichi ad esso collegato. In più, l’inverter si incarica di verificare lo stato di carica delle batterie e qualora queste ultime fossero scariche, commuta in una frazione di secondo la fonte di energia, mantenendo i carichi alimentati. E’ anche possibile gestire la funzionalità inversa: in caso di mancanza della corrente, come un black-out, l’inverter inizia a prelevare l’energia dalle batterie, mantenendo accesi i carichi collegati.

Per la facilità di installazione, esistono in commercio degli inverter definiti “All in one” che al loro interno contengono già il regolatore di carica e le protezioni elettriche necessarie. Questi inverter consentono di ridurre i tempi di installazione ma limitano un po’ la facoltà di dimensionamento dell’impianto.

Per il corretto funzionamento di un kit ibrido sono necessari:

• I moduli fotovoltaici
• Il regolatore di carica (qualora non presente nell’inverter)
• L’inverter con funzione UPS
• Il pacco batterie

Per scegliere il giusto impianto fotovoltaico ibrido è bene fare un’analisi alla rovescia.

Per primo dovremo capire che cosa vogliamo alimentare (quali utenze) e il loro attuale consumo annuo. Tramite le bollette del distributore, analizzatori di consumi o una stima di calcolo, possiamo ricavarci il consumo medio annuale che intendiamo alimentare con il fotovoltaico.

Nella scelta si segnala che è opportuno puntare ai carichi protratti nel tempo e soprattutto notturni. Ad esempio è poco lungimirante pensare ad utilizzatori che hanno picchi elevati ma durano poco nel tempo, quanto è più logico valutare i carichi anche di poco conto ma sempre accesi (lampadine, frigo, congelatore, etc…).

Una volta ricavato il consumo in Kwh annui è possibile stimare la potenza fotovoltaica dividendo il risultato per un fattore che oscilla da 800 a 1200 a seconda dell’irraggiamento medio solare e del luogo di installazione. (1000 può andare per tutta Italia).

Esempio una casa che consuma 3000Kwh annui e vorrebbe essere autonoma con il fotovoltaico dovrebbe fare un 3Kwp.

Consumo annuo stimato / 1000

Esempio: 3000KWh / 1000 = 3Kwp

Altro capitolo molto impostante è la scelta della potenza dell’inverter.

Questa dovrebbe essere effettuata in funzione del picco massimo che si suppone avverrà nell’utenza che alimenteremo.

Se parliamo di una piccola baita con poche luci potrebbe bastare un 1000W, mentre se parliamo di una seconda casa ci potremmo accontentare di un 2400W; infine per un abitazione residenziale suggeriamo sempre almeno 4000W.

E’ anche possibile realizzare dei sistemi trifase per utenze specifiche. Anche qui è molto importante capire prima quale sarà il picco di assorbimento.

Tutti gli inverter supportano 2 o 3 volte il loro picco nominale, però è bene considerare che se questo sforamento è saltuario non è un problema, mentre se si verifica con costanza la macchina sarà soggetta più probabilmente a guasti.

Scegliere le batterie sembra la procedura più semplice ma in realtà queste ultime sono il componente più importante e delicato del kit ibrido. Infatti sono le batterie a determinare l’autonomia dei carichi collegati all’impianto.

Per calcolare il corretto dimensionamento delle batterie è necessario individuare quali e quanti sono i consumi che l’utente usa in media nelle ore notturne o comunque quando il sole non c’è.
Per ricavare questo dato possiamo indicativamente dividere per 2 il consumo annuale e dividere per i gironi dell’anno. Ad esempio una famiglia media composta da 3/4 persone che consuma i 3000KWh di cui abbiamo parlato prima avrà un consumo notturno di circa 1500KWh.

Esempio: 3000 / 2 = 1500KWh / 365 = 4,1 Kwh/giorno

Calcolo autonomia batterie:

Per poter calcolare l’autonomia delle batterie è sufficiente seguire la semplice equazione:

Numero batterie X Tensione batterie (V) x Capacità batterie (Ah) = Potenza nominale accumulata (Wh)

Ad esempio, per un pacco batterie composto da 4 batterie al piombo 12V 200Ah, la potenza nominale accumulata è di circa 9600Wh.

Esempio: 4 x 12V x 200Ah = 9600Wh

E’ utile sapere che le batterie hanno una “Profondità di scarica” dipendente dalla tecnologia che le compone. Ad esempio, le batterie al Piombo, per non essere deteriorate velocemente e quindi aumentarne la loro vita, possono essere scaricate al massimo per il 50%, mentre quelle al Litio, più performanti, possono arrivare anche all’80%. E’ un po’ quello che avviene con le batterie del telefono cellulare. Se ricordate, i vecchi cellulare avevano batterie al Piombo che dopo qualche tempo perdevano la capacità di rimanere cariche per lungo tempo, a differenza di quelle moderne al litio, che anche dopo anni, se utilizzate correttamente, mantengono invariate la loro capacità.

Quindi nell’esempio riportato sopra, ipotizzando che si trattasse di batterie al piombo, la “Potenza  effettiva accumulata” utilizzabile è di circa 2400Wh

Esempio: 4 x 12V x 200Ah x 50% = 9600Wh /2 = 4800Wh = 4,8KWh

A questo punto, conoscendo l’esigenza di accumulo e come si calcola la capacità di un pacco batterie, possiamo liberamente decidere quale sarà il più appropriato per noi.

Nell’esempio sopra abbiamo ipotizzato un consumo medio giornaliero di 4,1KWh che ben si sposa con l’accumulo di 4,8KWh utili studiato successivamente.

Durante la fase di progettazione di un impianto fotovoltaico è importante avere chiaro la scelta delle batterie che andranno a formare il pacco batterie d’accumulo. Nel mercato italiano sono presenti diverse tipologie di batterie. Ecco le più diffuse:

Sono le batterie usate per l’avviamento e l’impianto elettrico di motocicli, automobili e camion. Hanno un costo più basso, erogano correnti molto elevate di spunto e funzionano bene anche a basse temperature. Sono piuttosto pesanti, perdono capacità in seguito a stress meccanici e non sono adatte a scariche troppo prolungate come per le applicazioni con impianti fotovoltaici. In tal caso sono soggette rapidamente al fenomeno della solfatazione.

Sono batterie compatte senza manutenzione, immuni da cortocircuiti e molto resistenti alle sollecitazioni meccaniche. Si possono montare ovunque, hanno una vita media di 5/6 anni, non soffrono le alte temperature e in caso di rottura dell’involucro, la fuoriuscita di acido è limitata. Hanno elevatissime correnti di spunto, bassa auto-scarica, maggiore velocità di ricarica. Di contro hanno un costo più alto di quelle per l’avviamento. Si rovinano rapidamente se la corrente di carica o scarica è superiore al consentito.

Sono batterie al piombo acido nelle quali l’elettrolita (componente che veicola l’energia) non è liquido come nelle AGM ma gelatinoso. Sono chiamate anche batterie senza manutenzione, sono adatte per cicli di scarica molto profondi, durano anche 3 volte più a lungo delle batterie al piombo-acido (6/7 anni), sopportano un elevato numero di cicli di carica-scarica. Hanno un costo maggiore delle piombo-acido e poco più alto delle AGM. Si rovinano rapidamente se la corrente di carica o scarica è superiore al consentito.

Sono le batterie che IoRisparmioEnergia.com consiglia per tutti gli impianti fotovoltaici.

Le batterie al litio sono le ultime entrate nel mercato dell’accumulo. Sono senza dubbio le più performanti e durevoli nel tempo. Hanno una ottima capacità di mantenimento della carica e una ampissima profondità di scarica (anche l’80%). Hanno un peso anche 3 volte inferiore a quelle AGM e hanno una durata prevista di circa 10 anni. Di contro sono molto costose e soprattutto difficili da ricaricare. Ogni sistema a litio necessita di una delicatissima elettronica che gestisca la carica tra le singole celle per evitare sbilanciamenti che possono portare a pericolosissimi incendi. Ad oggi non sono suggerite per gli impianti ibridi.

ATTENZIONE: Le batterie da avviamento a piombo-acido, come quelle utilizzate nelle auto, non vanno bene per il fotovoltaico! Infatti sono realizzate per avere uno spunto iniziale molto elevato, ma la loro tensione di carica scende rapidamente. Invece, le batterie ideali per il fotovoltaico, denominate deep cycle o a scarica profonda , consentono di avere uno spunto iniziale meno elevato ma la tensione scende molto lentamente e quindi sono più adatte a tutti gli scopi dove l’utente debba alimentare un carico per un tempo più lungo.

In elettronica un inverter è un apparato elettronico di ingresso/uscita in grado di convertire una corrente continua CC in ingresso, in una corrente alternata AC in uscita.

È uno strumento indispensabile qualora con il proprio impianto fotovoltaico si intenda alimentare carichi in corrente alternata.

Gli inverter si distinguono prevalentemente in due categoria, in base alla loro tecnologia: Onda Pura e Onda Modificata.

Gli inverter ad onda sinusoidale pura la tensione in uscita viene modulata ad impulsi ad una frequenza molto alta e poi filtrata. Il risultato è che in uscita si ha una tensione la cui qualità spesso è superiore a quella di rete. Sono ideali per alimentare tutti i carichi di tipo induttivo come i motori (frigoriferi, trapani, mole, pompe, ecc.) o carichi resistivi come impianti HI-FI, lampade con “dimmer” o comunque dispositivi che usano dei trasformatori nello stadio d’alimentazione.

Sono gli inverter più semplici e di solito più economici, detti anche “ad onda sinusoidale modificata”. La tensione viene semplicemente modulata da due segnali digitali, uno controlla la polarità e uno la presenza o meno della tensione in uscita. Il risultato è che in uscita si ha qualcosa che è più simile ad un onda quadra che a una sinusoide. Questi inverter sono ideali per i carichi resistivi come TV, computer, caricabatterie o illuminazione.

La funzione UPS (gruppo di continuità) è una caratteristica indispensabile per la realizzazione di un impianto fotovoltaico ibrido. Consente di mantenere alimentati i carici collegati all’inverter anche quando la fonte di energia principale (batterie o rete) venisse a mancare (batterie scariche o blackout) commutando automaticamente sulla fonte impostata come secondaria.

Infatti, l’inverter con funzione UPS, è predisposto per verificare lo stato di carica delle batterie e qualora queste ultime fossero scariche, commuta in una frazione di secondo la fonte di energia, mantenendo i carichi alimentati.

E’ anche possibile gestire la funzionalità inversa: in caso di mancanza della corrente, come un black-out, l’inverter inizia a prelevare l’energia dalle batterie, mantenendo accesi i carichi collegati.

I tempi di commutazione tra le fonti di energia è molto veloce: minore di 10 ms (millisecondi). Un battito di ciglio umano mediamente ha una durata di circa 350ms.

I regolatori di carica sono una componente fondamentale per stabilizzare l’energia prodotta dai moduli fotovoltaici e renderla utile a ricaricare le batterie ad esso collegate.

Per scegliere il corretto regolatore di carica bisogna tenere in considerazione la tensione Nominale dei moduli fotovoltaici e quella delle batterie e valutare in base alle caratteristiche tecniche del singolo regolatore.

Per scegliere il regolatore di carica corretto per il moduli fotovoltaici è necessario svolgere questa semplice equazione:

Corrente di carica Regolatore (A) = somma delle potenze dei moduli (Wp) / Tensione pacco batterie (V)

Ad esempio per 4 moduli da 250Wp (totale 1000Wp) e 2 batterie da 12V collegate in serie, quindi con una tensione di 24V totale (vedi capitolo dedicato) la formula sarà:

Esempio: 1000Wp/24V = 41,67A

In questo caso è sufficiente un regolatore da 40A per il corretto funzionamento dell’impianto e la corretta ricarica delle batterie.

Se si scegliesse un regolatore di carica meno potente, ad esempio un 30A, la corrente in eccedenza (11,67A) andrebbe persa in quanto non sarebbe gestita dal regolatore di carica e peggio ancora potrebbe guastare il regolatore stesso non adatto a quell’utilizzo.

I regolatori di carica PWM sono i primi ad essere stati immessi nel mercato.

Solitamente la loto tensione massima accettata è di poco superiore a quella delle batterie. Questa tipologia di regolatori è ideale per i moduli di piccola taglia o per sistemi in cui moduli e batterie hanno tensioni simili.

Un regolatore di carica PWM effettua il trasferimento di energia dai moduli fotovoltaici tramite impulsi di corrente. Durante questi impulsi la tensione dei moduli fotovoltaici è imposta secondo la tensione della batteria, quindi la tensione nominale del modulo fotovoltaico deve corrispondere a quello delle batterie.

Se la tensione del pannello è di poco superiore a quella della batteria (tipico caso di un pannello 12V a 30 celle e batteria 12V), il regolatore PWM è sufficiente in quanto ha un rendimento simile all’MPPT.

Ad esempio se si utilizzano moduli a 60 celle, quindi con tensione nominale a 24V, la batterie devono avere una tensione di 24V.

Un regolatore di carica MPPT, invece, effettua una conversione elettrica DC/DC tra modulo fotovoltaico e batteria, garantendo che il modulo fotovoltaico lavori sempre nel suo punto di massima potenza (Maximum Power Point) tramite un opportuno algoritmo di ricerca (Tracking).

I regolatori MPPT sono dunque in grado di utilizzare tutta la potenza generata dal pannello per caricare la batteria, a differenza dei regolatori tradizionali PWM che mandano in batteria solo la corrente generata dal pannello.

In questo caso, è possibile utilizzare moduli fotovoltaici con tensione nominare a 24V e ricaricare batterie da 12V. Infatti i regolatori MPPT accettano tensioni fino a 3 volte quella di batteria (verificare sempre le schede tecniche per stabilire i collegamenti da fare).

Il regolatore MPPT è in grado di sfruttare pienamente un pannello fotovoltaico con tensione di lavoro superiore alla batteria o al pacco batterie associato e quindi consente di produrre maggiore energia rispetto ad un regolatore PWM a parità di pannello fotovoltaico.

Sono regolatori MPPT adatti a moduli con tensioni inferiori a quelle del pacco batterie. Generalmente sono richiesti dai moduli flessibili.
Sono in grado di elevare la tensione per raggiungere quella minima di carica.

Negli ultimi anni sono comparsi nel mercato italiano dei dispositivi denominati inverter “All in One” che agevolano il lavoro di installazione di un impianto fotovoltaico ibrido.

Infatti questi inverter al loro interno possiedono già tutte le componentistiche elettroniche che caratterizzano gli impianti ibridi. Al loro interno è disponibile un regolatore di carica (PWM o MPPT secondo il modello) ed un inverter onda pura con la funzione UPS, ed in alcuni casi anche gli interruttori di sicurezza e le protezioni elettriche.

Quindi l’installazione è ridotta al mero collegamento delle fonti di energia (fotovoltaico e rete/generatore), le batterie e l’uscita ai carichi.

Grazie agli inverter “All in One” è possibile ridurre notevolmente la tempistica e le difficoltà di installazione.

Inoltre sono dispositivi dimensionati per gli usi più comuni e modulari tra loro.

In alcuni casi è anche possibile avere un monitoraggio delle loro funzioni tramite internet.

Gli inverter ibridi, tramite appositi accessori, possono essere installati in parallelo per creare dei sistemi monofase di elevata potenza (fino a 15Kw) o dei sistemi trifase per carichi specifici.

Sia che si parli di moduli fotovoltaici che di batterie, i collegamenti elettrici possono essere di 2 tipi:

• in serie
• in parallelo

E’ necessario scegliere quello giusto a seconda del tipo di impianto che si intende realizzare.

Il collegamento in serie di due moduli fotovoltaici o di due batterie uguali permette di ottenere in uscita il doppio della tensione nominale, mantenendo la stessa corrente.

Ad esempio nel caso di due batterie da 12V 200Ah collegate in serie, avremo in uscita una tensione totale di 24V (Volts) e una capacità invariata di 200Ah (Ampère l’ora).

Negli impianti fotovoltaici, maggiore è la tensione continua per la carica delle batterie, e minori sono le perdite di energia lungo i cavi. Quindi per esempio, un impianto a 24V è migliore di uno a 12V.

Il collegamento in parallelo di due moduli fotovoltaici o due batterie uguali permette di ottenere in uscita il doppio della corrente, mantenendo la stessa tensione nominale.

Seguendo l’esempio precedente in cui ci sono due batterie da 12V 200Ah collegate in parallelo, avremo quindi in uscita una tensione di 12V (Volts) e una capacità totale di 400Ah (Ampère l’ora).

Unendo il collegamento in parallelo col collegamento in serie avremo un raddoppio sia della tensione nominale, sia della capacità.

Seguendo questo esempio avremo due blocchi da 24V 200Ah uniti in parallelo, formando così in totale 24V 400Ah.

Durante il collegamento è importante prestare attenzione alle polarità e ad usare cavi di opportuna sezione e più corti possibili.

Minore è la lunghezza dei collegamenti, minore è la resistenza che verrà a formarsi nei cavi al passaggio della corrente e quindi minore sarà la perdita di energia negli stessi.

Le strutture di supporto per un impianto fotovoltaico solitamente si distinguono in base a luogo di posa:

• Tetto piano o a terra
• A tetto inclinato

Le prime utilizzano delle cavallette triangolari che permetto l’inclinazione dei moduli (foto)

 A tetto invece è opportuno valutare il tipo di copertura (tegola, coppo, etc…). In funzione della copertura esistono molteplici soluzioni, elenchiamo solo le più comuni trattate sempre a ns. magazzino:

• Staffa per tegola
• Staffa per coppo
• Vitone (universale e adatto ovunque)

Tutte le strutture si completano con i profili e i morsetti di fissaggio. Si veda la foto sotto per un pratico esempio utile a capire.

Tutti gli impianti elettrici necessitano di protezioni epr gli utilizzatori e anche i sistemi ibridi fotovoltaici non sono da meno. Tuttavia le componenti utilizzate sono un po’particolari e solo poche aziende specializzate le trattano.

In particolare le protezioni più importanti sono:

Tra moduli e inverter/regolatore di carica
Tra queste 2 componenti dell’impianto si possono installare dei fusibili di protezione, dei sezionati, dei magnetotermici, dei diodi in caso di elevato numero di paralleli e degli scaricatori contro le sovratensioni. Ovviamente non sono tutte sempre necessarie, ma il nostro staff saprà consigliarvi di volta in volta.

Tra batterie e inverter/regolatore di carica
Fondamentale anche in questo caso un fusibile di protezione contro i cortocircuiti. Può essere utile uno stacca batterie per evitare il fenomeno dell’arco elettrico in fase di collegamento delle batterie.

Tra Enel inverter e tra inverter e carichi
In questo caso le protezioni sono quelle canoniche degli impianti domestici. Chiaramente non è possibile a priori stabilirle tutte, ma grazie a magnetotermici, differenziali e scaricatori è possibile realizzare degli impianti elettrici sicuri e a norma.